Il 2014 si è rivelato per l’Ucraina l’ultima di una lunga serie di stagioni di difficili rapporti con la Russia. Dal novembre del 2013 fino ad oggi, il paese è teatro di violenti conflitti che hanno destato le attenzioni dei media, soprattutto a causa della sua posizione alle porte dell’Europa. La posizione assunta, su sponde avverse, da Russia e Stati Uniti, ha risvegliato un clima pericolosamente simile a quello che si respirava durante la Guerra Fredda. Ma cos’è successo veramente in Ucraina? Scopriamolo insieme.
GLI ANTEFATTI. È impossibile riassumere tutte le ragioni dietro alla crisi in pochi minuti, ma per iniziare bisogna sottolineare il multiculturalismo del Paese. L’Ucraina è un mosaico di etnie, religioni e civiltà, diviso in due grandi spaccati: a Ovest si respira un’aria più occidentale, sia nel pensiero che nelle aspirazioni politiche, mentre a Est e a Sud lo Stato resta più legato all’influenza russa. Naturalmente non è possibile definire una frontiera netta fra le due parti, che si mischiano gradualmente l’una nell’altra dividendo il paese.
L’Ucraina ricopre un ruolo geopolitico particolarmente importante fungendo da “cordone sanitario” che separa la Russia dall’Occidente. Sul suo territorio passano infatti gli oleodotti con il gas russo verso i paesi dell’ovest. In tale contesto va considerato che l’Ucraina non è un paese di certo ricco (basti pensare che il suo PIL è pari a quello del Lazio) e ha sempre avuto la necessità di appoggiarsi economicamente ai suoi vicini.
Da anni, la politica ucraina è divisa tra chi guarda all’Occidente e chi guarda all’ex madrepatria russa. Alle elezioni del 2004, sembra emergere Janukovich che, come il predecessore Kucma, è vicino al Cremlino ed è il referente dei potenti clan oligarchici che controllano l’economia ucraina. Lo sfidante Juscenko, però, parla di brogli elettorali e, in suo favore, scoppia una grande protesta di piazza, la cosiddetta rivoluzione arancione, sostenuta anche dall’Unione Europea. La corte suprema indice quindi nuove elezioni che saranno vinte proprio da Juscenko. Durante il suo mandato, egli cercherà di avvicinare il paese all’Europa, ma non ci riuscirà, anche a causa delle ritorsioni russe su gas e petrolio. Alle successive elezioni del 2010, i cittadini ucraini daranno il loro appoggio al filo-russo Janukovich.
Venendo ai giorni nostri, il 29 settembre del 2013, l’Ucraina si trova davanti a un bivio: sottoscrivere l’accordo di associazione commerciale con l’UE o rimanere fedele a Mosca. Janukovich ha paura di voltare le spalle alla Russia, memore delle reazioni incontrate dal suo predecessore, e decide quindi di non firmare. Questo è l’evento scatenante della crisi.
LA CRISI. La rivolta inizia come una protesta pacifica pro-Unione Europea, che viene repressa violentemente dalla polizia. In seguito, nella piazza dell’indipendenza di Kiev (Maidan) si forma un presidio permanente di manifestanti, formato da persone appartenenti a qualsiasi strato sociale. A loro si uniscono anche molti partiti politici che sostengono la causa, compreso il partito social-nazionalista “Svoboda”, che sarà in seguito accusato da Putin di aver mosso il colpo di stato.
La protesta si trasforma velocemente *bandiere che cambiano in grafica*, assumendo i connotati di una rivolta anti- sistema. Janukovich viene accusato di gestire lo Stato facendo leva su un sistema corruttivo radicato sin dai tempi dei sovietici e a comando del movimento si pone il Settore Destro (Pravyi Sektor), un partito nazionalista ucraino che non intende scendere a patti con nessuno.
Nella primavera del 2014, Janukovich viene infine deposto e costretto a fuggire e il suo governo viene sostituito da uno filo-occidentale. È a questo punto che la Russia interviene direttamente nel conflitto, annettendo la regione della Crimea a sé e rafforzando la protezione delle proprie installazioni militari nell’area.
Putin esprime la propria posizione in maniera molto chiara sulla questione, giustificando la propria azione in ragione dell’influenza delle tradizioni russe sulla penisola.
La popolazione ucraina si dimostra infatti ancora una volta divisa: se da una parte l’occidente sottolinea la violazione dell’integrità territoriale dello Stato compiuta dalla Russia, dall’altra in Crimea viene indetto un referendum per l’annessione alla “Madre patria” che ottiene il 96,6% dei voti positivi, con un’affluenza alle urne pari a 3 votanti su 4.
OGGI. Dopo la Crimea, diverse altre regioni dell’Ucraina orientale, che includono le città di Donetsk e Luhansk, sono insorte e gruppi di ribelli filo-russi hanno preso con la forza il controllo di quelle zone. È iniziata così una vera e propria guerra tra l’esercito regolare ucraino e i rivoltosi dell’est, che hanno visto giungere dalla Russia armi e uomini, sebbene Putin continui ad affermare che non fanno parte dell’esercito russo. Questo comportamento non è stato tuttavia ben visto né dall’Unione Europea, né dagli Stati Uniti, che l’hanno incolpato di muovere una “invasione furtiva” ai danni dell’Ucraina.
L’occidente per ora si è limitato ad applicare delle sanzioni economiche alla Russia per placare le sue mire espansionistiche, incolpando Putin di voler rimettere le mani sull’Ucraina ora che non ha un presidente amico al governo. I rapporti tra Stati Uniti e Russia si sono quindi improvvisamente raffreddati, con l’Unione Europea schierata con gli Usa, ma su una posizione più dialogante a causa delle strette relazioni economiche con il vicino russo.
Lo scorso 11 febbraio, a Minsk, in Bielorussia, si sono incontrati Putin e l’attuale presidente ucraino Poroshenko, per trovare un accordo per un cessate il fuoco in Ucraina. Nelle vesti di mediatori, erano presenti anche la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Hollande. Il documento finale, firmato anche dai ribelli filo-russi, prevede il mantenimento dell’integrità ucraina, insieme alla concessione di uno status speciale per le regioni orientali, oltre al ritiro delle armi pesanti. La tregua è entrata in vigore il 15 febbraio, ma dopo quella data si sono segnalati nuovi scontri, seppur circoscritti.
Insomma, la situazione in Ucraina è di difficile risoluzione e, nonostante il recente rilassamento, la tensione è ancora ben lungi dal dissiparsi. Le ragioni principali dietro agli scontri sono da ricercarsi nei continui tentativi delle potenze occidentali e della Russia di estendere la propria egemonia su fette sempre più grandi del territorio, facendo leva sulla sovranità popolare di una nazione da sempre divisa nelle opinioni politiche e nelle tradizioni.
Ciò che è certo è che coloro che ne soffrono più di chiunque altro sono civili innocenti. Negli ultimi mesi ci sono arrivate immagini scioccanti di bombardamenti compiuti anche all’interno di centri abitati e il numero delle vittime continua a salire.
Dall’inizio del conflitto ad oggi, più di 5.100 persone hanno perso la vita, e più di 900.000 sono state costrette ad abbandonare la propria casa.
La crisi Ucraina si sta rivelando sempre più inquietante non soltanto per la sua vicinanza geografica con il nostro Paese, ma anche per le conseguenze geopolitiche che un nuovo conflitto tra Russia e Stati Uniti potrebbe comportare.